La Manometria Esofagea è un esame clinico eseguito per studiare la pressione intraesofagea nei vari settori del suo lume.
L’esame è solitamente eseguito nell’ambito della valutazione dei quadri clinici di disfagia e, occasionalmente, di reflusso gastro-esofageo (GERD/NERD) o di altre patologie del tratto gastroenterico superiore, principalmente al fine di verificare eventuali anomalie motorie dell’esofago (discinesie).
L’esame standard dura circa 30 minuti e viene svolto solitamente in regime ambulatoriale.
Non è possibile eseguire sedazione perché è necessaria la collaborazione del paziente e perché l’effetto miorilassante della sedazione interferirebbe con la motilità esofagea che è proprio l’oggetto di studio.
Al paziente, digiuno, viene inserito delicatamente un sottilissimo catetere all’interno della narice, che viene spinto in rinofaringe, in orofaringe e quindi sospinto in esofago attraverso lo sfintere esofageo superiore (SES); il passaggio, che nella maggior parte dei casi crea un certo fastidio (conati a vuoto, dovuti ai riflessi ipofaringei), viene spesso facilitato attraverso l’assunzione di piccoli sorsi d’acqua.
Una volta entrato il catetere in esofago, il fastidio diminuisce notevolmente.
Il catetere viene introdotto fino allo sfintere esofageo inferiore (SEI), e poi ritratto leggermente fino ad identificare il punto di variazione della pressione intraesofagea (linea Z).
A questo punto il paziente viene fatto stendere su un lettino, ed inizia la valutazione. Attraverso le rilevazioni del catetere continuamente registrate da un computer, vengono valutate le anomalie motorie e pressorie, la propagazione delle onde di peristalsi, la presenza di peristalsi anomale, etc.
La valutazione viene effettuata facendo eseguire al paziente una serie di deglutizioni secche (a vuoto) o umide (con sorsi d’acqua), che permettono lo studio dettagliato delle varie fasi della motilità di tutti i settori esofagei.
Al termine dell’esame il paziente viene fatto sedere ed il catetere estratto delicatamente. A questo punto il paziente può riprendere la sua normale attività lavorativa, senza alcun problema.
Lo studio manometrico delle pressioni e dei volumi del canale anale e del retto ha molta importanza nelle alterazioni della defecazione.
È un esame fondamentale sia nelle sindromi ritentive, cui spesso si associa un aumento delle pressioni con un corrispondente aumento dei volumi e della capacità rettale, sia nell’incontinenza anale dove la manometria diventa un complemento irrinunciabile alle indagini morfologiche, prima tra tutti l’ecografia.
La rilevazione delle pressioni permette di avere un indice indiretto della forza sviluppata dalla muscolatura perianale oltre che dal complesso sfinteriale.
L’incontinenza anale è caratterizzata da pressioni inferiori alla norma in condizioni basali e durante la contrazione volontaria, anche se non è infrequente rilevare un normale profilo pressorio.
Nella stipsi invece il profilo pressorio è in genere normale, sebbene a volte sia caratterizzato da un ipertono basale. Il parametro che appare più compromesso è la sensibilità rettale, per cui sia il riflesso inibitore sia la sensibilità iniziale e d’urgenza vengono evocati a volumi superiori rispetto alla norma.
Anche la compliance rettale può risultarne elevata. Un parametro importante da valutare è il rilassamento sfinterico durante il ponzamento.
La manometria viene impiegata anche nella valutazione preoperatoria di patologie caratterizzate da ipertono sfinteriale, come la ragade e le emorroidi, nonché nelle fistole anali prima di eseguire una fistulotomia o un’ampia fistulectomia con possibile danno sfinterico, e infine prima degli interventi di resezione del retto.